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Trento, 4 febbraio 2004 Il Corriere ha annunciato una nuova collana, collegata al quotidiano del lunedì, di classici della poesia: “Trenta titoli di grandi poeti della letteratura mondiale”. Riconosciuta in generale la qualità delle offerte a latere di questo giornale e, in particolare, quella in corso dei trenta pittori “da Giotto a Cezanne”, l’iniziativa sulla poesia è encomiabile, perché tocca un tema difficile, assai trascurato dall’editoria italiana, e viene per di più affiancata da un ciclo di letture poetiche in sette città d’Italia. Si presta tuttavia a qualche critica l’impostazione e conseguentemente anche singole scelte o assenze nominative. Mentre nel caso della pittura si può parlare di un canone, cioè di una selezione drastica, ma sostenibile, degli artisti più rappresentativi di un’epoca, e si deve ciononostante riconoscere che diversi altri soggetti avrebbero meritato alla pari di apparire (ad esempio Giovanni Bellini, Antonello da Messina e Masaccio per il Quattrocento italiano), nel caso della poesia il canone, di cui parla Paolo di Stefano nella presentazione del 28 gennaio 2004, per quanto dichiarato “aperto” e “suscettibile di integrazioni”, lascia molto perplessi, perché sono troppo allargati, sia il periodo storico di riferimento che l’area geografica. Ne conseguono rinunce e distorsioni oltremisura. Anzitutto l’aver anteposto Dante, Petrarca e Shakespeare a ventisette poeti del Novecento e in piccola parte dell’Ottocento, significa – oltre a riconoscere la grandezza ‘fondativa’ dei tre, ridurre alla loro pur autorevole presenza cinque secoli (dal Trecento al Settecento), cancellando ad esempio l’intero siglo de oro spagnolo (1550/1650) e con esso due poeti di primissimo piano: Luís de Góngora e Pedro Calderón de la Barca, non escludibili da un canone europeo per quanto ristretto. Analoga dimensione ha la assenza di Wolfgang Goethe, figura determinante della letteratura germanica e non solo. In secondo luogo l’areale geografico prevalentemente europeo e statunitense (con sette poeti) riduce l’America latina al solo Pablo Neruda. Pur limitando al massimo le presenze dell’Ispano-America (e ignorando l’assai fertile Brasile), Jorge Luís Borges è un poeta – oltreché narratore meraviglioso – con cui fare i conti necessariamente. In terzo luogo colpisce una sottovalutazione dell’Europa orientale, che ha nella Russia e nella Polonia, ricchezze impareggiabili. Della prima basti citare due tra i massimi poeti/esse del Novecento: Anna Achmátova e Marina Cvetáeva, e ancora l’esule Josif Brodskij (premio Nobèl 1987). Alla seconda appartiene un riconosciuto vertice della poesia mondiale: Czeslaw Milosz (premio Nobèl 1980), rappresentativo inoltre di una grande tradizione letteraria nazionale. Non so se le limitazioni segnalate si debbano a condizionamenti editoriali, relativi a proprietà letterarie, a diritti o ad altre cause di forza maggiore. Se anche così fosse, al lettore sarebbe giusto spiegare caratteri e limiti di una collana di grandi poeti, che tuttavia non rappresenta un canone, né del Novecento, né tantomeno della poesia ‘occidentale’ (con l’eccezione dell’indiano Rabindranath Tagore) in generale. Sandro Boato |
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